Comunicato stampa

Femminicidio Presta: l’associazione Libertas Margot parte civile al processo

Un’alleanza tra Istituzioni e associazioni per riscrivere le Politiche di genere

 

L’associazione Libertas Margot ha intenzione di costituirsi parte civile al processo contro Francesco Rosi, il marito che il 25 novembre scorso ha ucciso la moglie Raffaella Presta con una fucilata nonostante fra l’altro, fosse presente in casa il bambino della coppia.

La società civile, le associazioni che lavorano sul territorio, non possono non intervenire: ogni volta che si commette una violenza di genere, ogni volta che si compie un femminicidio, siamo davanti a una violazione di diritti, non ad un fatto privato. Per questo l’associazione Margot, se sarà processualmente consentito, si costituirà parte civile.

Il femminicidio dell’avvocata Raffaella Presta sembra essere l’esito tragico e, purtroppo, prevedibile, di un percorso di violenza da manuale: stando a quello che si è appreso, la signora ha subito, via via, una serie di violenze e di limitazioni alla propria libertà e al proprio diritto di autogestione della vita che l’hanno isolata e lasciata sempre più in una situazione di solitudine: i racconti di chi l’ha conosciuta parlano di una persona minacciata, a cui è stato, via via impedito di lavorare, picchiata più volte anche pesantemente. La signora ha dunque subito violenza psicologica, fisica, economica, è stata più volte maltrattata e umiliata. Ci sono poi tutti i presupposti per credere che anche il figlio della coppia sia stato vittima, a sua volta, di violenza assistita.

Riteniamo di essere fronte a una tragica violenza di genere, non a un raptus, non a un dramma della gelosia. Gli psicologi sanno bene che, purtroppo, solo il 2 per cento degli uomini che commettono violenza sono persone con problemi psichici, l’altro 98 per cento, invece, è rappresentato da persone che agiscono violenza volontariamente, con un atteggiamento che ha le sue radici in un sostrato culturale preciso. E il lavoro della nostra associazione con lo sportello per autori di maltrattamenti ce lo conferma.

Noi speriamo che di questo ennesimo sacrificio di una donna, ci si senta tutti un po’ responsabili e che nessuno si tiri indietro nel fare la propria parte. Soprattutto che si possa discutere su quali siano le scelte da mettere in atto per rendere più efficaci le politiche di genere, adeguarle agli standard europei, andare a riempire i vuoti che ancora ci sono nella rete del sostegno e, soprattutto, della prevenzione.

Non si tratta di parlare di solo di finanziamenti: l’Italia è una delle nazioni che meno ha sfruttato, ad esempio, la possibilità di accedere ai fondi europei. Si tratta di guardare con una visione e una determinazione nuove al problema, come già una buona parte dell’Europa sta facendo: una alleanza tra Istituzioni, parti sociali, associazioni per riscrivere le Politiche di genere. In Umbria ci sono tutte le potenzialità per farlo.