3a Conferenza mondiale dei Centri antiviolenza. L’Aia 3-6 novembre 2015

3rd World Conference of Women’s Shelter

 

Se c’è un punto fisso, una considerazione inequivocabile che emerge durante le giornate della terza conferenza dei centri antiviolenza che si tiene a L’Aia, dal 3 al 6 settembre è che le disuguaglianze del mondo passano, ancora oggi, attraverso la condizione delle donne, dei bambini e delle bambine. E’ questo il vero termometro, il metro di paragone per conoscere non solo la condizione dei diritti nei vari paesi ma anche quella economica. Un punto di osservazione importante, quello economico, su cui si è puntato molto nella seconda giornata del convegno, (tutta dedicata alla violenza economica e al rafforzamento della condizione femminile nel mondo), durante la quale si è cercato di trovare dei parametri di misurazione non solo di quanto la violenza incida sia sulla carriera delle donne che ne sono vittime ma anche sulla bilancia economica di un paese. 

L’altro punto fermo è che la violenza nei confronti delle donne è, ancora oggi, un fenomeno planetario. La differenza sta nella quantità e nella qualità della violenza, in quanto sadismo ci si metta a fare del male a una persona dell’altro sesso, solo perchè è dell’altro sesso, a quali ferite le si vogliano imporre, come martoriarne gli organi geniali, come ha spiegato in un intervento appassionato, il dr Mukwege, che opera in Congo e dal cui intervento si è potuto solo immaginare in piccola parte gli orrori che in quesi anni di professione ha potuto vedere.  La gravità della situazione è planetaria così come l’allarme e l’invito a mettere in atto queste famose “buone pratiche” che ogni paese conosce e che solo in alcune parti del mondo diventano realtà. Lo lanciano le teste coronate, la regina d’Olanda, Maxima, in un intervento appassionato, quella di Danimarca, Mary, che chiede che si lavori anche sui comportamenti degli uomini e dei bambini. Il ministro all’istruzione dell’Olanda, che ricorda lo spot dei bambini napoletani che non vogliono picchiare una bambina nemmeno con un fiore, e quella delle Pari opportunità australiana, che guarda caso, sotto la stessa sigla accorpa anche il Lavoro. Lo gridano le vittime di violenza, che qui portano la loro testimonianza da ogni parte del mondo, da Israele, con Miss Coraggio, una bellissima donna vittima di stupro che ha avuto il coraggio di denunciare, a Therese Evers, vice ispettore di polizia olandese, vittima di violenza in famiglia e, poi, anche dello psichiatra del centro d’accoglienza in cui fu mandata, che invita tutti i rappresentati delle forze dell’ordine che hanno subito violenza, a raccontare la propria esperienza. Lo dicono le protagoniste di alcuni filmati mandati in onda che raccontano di ragazze tradite dal fidanzato e vendute ai trafficanti di corpi. Lo racconta una ragazza nepalese che ha rifiutato di sposare l’uomo che la famiglia aveva scelto per lei e poi, dopo un’esperienza in un rifugio, è riuscita a trovare la propria strada: aprire un’azienda tecnologica per insegnare alle donne a lavorare in quel settore. 

Dunque, le parole d’ordine del convegno diventano “survivor”, sopravvissuta al conflitto con il partner, come si se fosse combattuta una vera e propria guerra. Una guerra dei diritti, perchè, finalmente, tutti gli Stati oggi sanno che la violenza di genere non è una faccenda privata ma una questione pubblica, di lesione dei diritti e questo è un grosso passo avanti planetario, anche e ancora molti Stati fanno finta di non saperlo. 

E poi empowerment, rafforzare la figura delle donne, renderle visibili, accrescere la loro capacità decisione, spiengerle ad avere ruoli importanti, ad affrancarsi dalla violenza economica, uno dei lacci più stretti nella corsa verso – ecco un’altra parola chiave – il gender in equality, la parità di genere. Tanti spunti, tante riflessioni e tanti argomenti da approfondire durante quattro giornate dove va in scena la condizione femminile nel mondo.