Una testimonianza di grande valore civile, anche dolorosa ma sicuramente di grande impatto. Piera Aiello, la prima donna testimone di giustizia, sarà a Perugia il 17 marzo prossimo per una iniziativa dell’Istituto di Istruzione superiore Cavour Marconi Pascal insieme a Libertas Margot, il Siulp e l’associazione Antimafia e Antiracket Onlus  all’Auditorium dell’istituto.

L’iniziativa fa parte degli eventi organizzati da Libertas Margot per l’8 marzo.

Piera Aiello racconterà la sua testimonianza e la sua scelta di stare dalla parte della legalità, di rompere con la sua famiglia e di dire no alla cultura mafiosa. Una scelta di campo anche dura e faticosa: Piera Aiello vive sotto scorta e in protezione. Il suo nome è legata a quella di Rita Atria, che era sua cognata. Anche Rita era diventata testimone di giustizia e aveva sfidato la mafia ma, giovanissima, non resse alla morte di Paolo Borsellino, con cui stata testimoniando, e si uccise.

La biografia. Piera Aiello sposa nel 1985 Nicolò Atria, figlio del mafioso Vito Atria. Una scelta quasi imposta per far terminare episodi di ritorsione nei confronti della sua famiglia. Nove giorni dopo il matrimonio viene ucciso il suocero. Il 24 giugno 1991, nel ristorante di Piera Aiello e in sua presenza verrà ucciso il marito. A seguito di quest’evento, Piera Aiello decide di denunciare i due assassini del marito ed inizia a collaborare con la polizia e la magistratura, unitamente alla cognata Rita Atria con il giudice Paolo Borsellino.

Il 25 luglio 2008 viene nominata presidente dell’associazione antimafie “Rita Atria”.

Il 24 ottobre 2012 presenta il suo libro Maledetta Mafia (Edizioni San Paolo) scritto a quattro mani con Umberto Lucentini, giornalista e biografo di Paolo Borsellino e ha dichiarato:“Ho voluto raccontare la mia vita anche perché vorrei che si continuasse a parlare dei testimoni di giustizia, quei cittadini che hanno scelto di aiutare la magistratura, non per uno sconto di pena. Ma perché abbiamo voluto fare il nostro dovere. E quando non siamo più utili, lo Stato ti butta via come se fossimo un limone spremuto”.

Questa testimonianza si aggiunge a quella di Paolo Picchio, padre di Carolina, prima vittima di cyberbullismo in Italia e di Fabio Ventura, campione di Karate per disabili, esperienze di vita e di confronto che l’Istituto di istruzione superiore ha offerto quest’anno ai suoi studenti come percorso di crescita e di formazione di cittadini responsabili, in collaborazione con Libertas Margot e il Siulp.

<Crediamo fortemente in queste iniziative – ha spiegato il preside dell’Iit Giuseppe Materia – perchè la nostra scuola non punta solo a dare una preparazione scolastica ma anche a far crescere il senso civico nei ragazzi e nelle ragazze . E questo appuntamento sarà importante per far capire come nella vita sia necessario fare una scelta di campo>

<Il nostro impegno nei confronti della crescita dei ragazzi e delle ragazze che frequentano la nostra scuola – dice Antonella Piccotti che ha organizzato l’evento – è continuo. Quest’anno abbiamo lavorato con i temi del sociale in maniera approfondita. Per una settimana i nostri studenti si sono confrontati sul tema della violenza di genere, studiando il problema da tutti i punti di vista: sociale, culturale, psicologico, giuridico. Poi abbiamo lavorato su bullismo e cyberbullismo, incontrando professionisti del settore e confrontandoci con due grandi testimoni come Paolo Picchio e Fabio Venturi. Credo sia stato un lavoro che abbia maturato i ragazzi e le ragazze>